Il malto d’orzo nella produzione della birra artigianale
Il malto d’orzo è l’ingrediente solido usato in maggior quantità per fare la birra artigianale.
Nei post precedenti abbiamo già parlato dell’acqua (il fondamentale ingrediente liquido della birra) e del luppolo (che alla birra conferisce amaro ed aroma), dunque oggi tocca al malto!
Si dice che il birraio fa il mosto e il lievito fa la birra.
Ripromettendoci di parlare a breve del lievito, parliamo invece ora di malto, in particolare di malto d’orzo.
Malto d’orzo, ingrediente base della birra
Per fare il mosto al birraio serve il malto d’orzo e ne serve tanto.
Per farvi un’idea, nella preparazione della nostra Dritta, servono 150g di malto per litro di birra prodotto.
Abbiamo già visto, parlando dell’editto della purezza, come il cereale che nella storia ha assunto il ruolo di protagonista nella produzione brassicola è l’orzo.
Malto e orzo, che cosa sono
Perché si parla di malto e non semplicemente di orzo?
In realtà non si riuscirebbe a ricavare un mosto ricco di zuccheri utilizzando dei semplici cereali: è necessario, infatti, l’intervento, nella prime fasi della produzione, di particolari enzimi che trasformano gli amidi presenti nei diversi cereali in zucchero.
La maltazione dell’orzo per la birra
E proprio a questo serve il processo di maltazione:
Un cereale, nel nostro caso l’orzo ( ma è possibile fare lo stesso con diversi cereali ) viene bagnato e fatto germogliare. In questa prima fase del suo sviluppo, la pianta appena nata trova i nutrienti per svilupparsi nelle sostanze presenti nel chicco, e per poterle sfruttare appieno necessita di enzimi, chiamati amilasi, che gli permettono di trasformare gli amidi in zuccheri. A questo punto, quando la pianta ha sviluppato questi enzimi, il chicco, nella seconda fase della maltazione, viene essiccato, in modo da fermare la crescita della pianta e di avere quindi sia gli amidi che gli enzimi.
Ok, tranquilli, la lezione di chimica è finita, si torna in birrificio!
Malto d’orzo: cosa fa il birraio?
Tocca ora al birraio decidere come sfruttare al meglio ciò che il cereale maltato gli mette a disposizione: prima di tutto è necessario macinare grossolanamente i chicchi per esporre l’interno. Poi il malto viene miscelato con dell’acqua calda (ammostamento). Ed è proprio in questa fase che si nascondono i segreti dell’arte brassicola: in base alla temperatura si attivano diversi enzimi che agiscono in modo diverso sugli amidi, trasformandoli in zuccheri più o meno complessi, dando così mosti che saranno la base per birre più o meno corpose.
Quanti tipi di malto d’orzo esistono?
Una volta capita l’importanza della maltazione, bisogna sottolineare come esistano diverse tipologie di malto.
Una volta essiccato, l’orzo maltato può essere caramellato o tostato, dando così vita a molte tipologie di malto diverse.
Dopo la semplice essiccazione si avranno i malti definiti base, cioè i più semplici e allo stesso tempo i più chiari, che costituiranno la percentuale più alta nella ricetta di quasi ogni birra.
Poi, a questi malti base vengono di volta in volta aggiunti malti caramellati, di tipologie ed intensità di colore diverse a seconda che si voglia una birra più o meno caramellata, fino ad arrivare ad una piccola aggiunta di malti tostati, utilizzati nella realizzazione delle birre nere.
I malti speciali
Esiste poi tutta una serie di tipologie di malti cosiddetti speciali, categoria a cui appartengono anche i malti caramellati e tostati, che servono a diversi scopi: per aumentare la pienezza del corpo di una birra o la tenuta di schiuma, per dare note biscottate o di nocciola.
Combinazioni infinite per birre infinite!
Abbiamo visto in altre occasioni che esistono infinite combinazioni delle diverse materie prime. Miscelando, infatti, malti diversi, si avranno mosti diversi tra loro e perciò birre sempre nuove. E, in combinazione con gli altri ingredienti, anch’essi di innumerevoli varietà, si capisce immediatamente come non si possono contare le birre realizzabili e, quindi, che infinite sono le birre da assaggiare!